Te l’avevo detto

di Erminio Fischetti

A Roma fa un caldo anomalo per essere gennaio, la gente suda mentre gli alberi di Natale avvizziscono: tante storie si legano in questa tragicommedia tutto sommato riuscita realizzata da Ginevra Elkann, alla sua opera seconda. Te l’avevo detto è una storia di donne e uomini, soprattutto donne, alle prese con l’alterità, l’alienazione, l’estraneità, il distacco, la fragilità, l’elaborazione della perdita, temi cari, con ogni evidenza, alla cineasta. C’è chi soffre per un abbandono, chi ha una dipendenza, chi non sa come andare avanti nella vita: con Valeria Golino, bravissima, Valeria Bruni Tedeschi, ottima, Marisa Borini (delizioso cammeo), Alba Rohrwacher, Greta Scacchi, Riccardo Scamarcio e tanti altri. In sala da domani per Fandango.

A dire il vero

di Erminio Fischetti

Julia Louis-Dreyfus, validissima professionista, è la punta di diamante di un buon cast per un bellissimo film ricco di riferimenti, livelli di lettura, citazioni e spunti d’interpretazione e di riflessione, che si impernia su un tema molto caro alla brava regista Nicole Holofcener, che certo ha assorbito bene la lezione di Woody Allen, e con cui la protagonista ha già lavorato anche in Non dico altro con Gandolfini: A dire il vero, in sala dall’8 febbraio per Vertice 360, non a caso in lingua originale ha l’azzeccatissimo titolo You hurt my feelings, e racconta di quelle bugie bianche che ciascheduno dice a chi ama per incoraggiarlo a dare il meglio di sé. Da non perdere.

The warrior

di Erminio Fischetti

Nel Texas hillbilly, nel cuore della Bible belt, un padre fulgido emblema di mascolinità tossica ossessionato dalla vittoria, dal successo e dal riscatto per le sue frustrazioni e per un nome che sembra essere maledetto costringe, al di là di quelle che potrebbero essere le legittime aspirazioni individuali, i propri figli a eccellere nello sport, in particolare, soprattutto quando il boicottaggio a stelle e strisce di Mosca 1980 ci si mette di mezzo, nel wrestling, allegoria di una certa America (repubblicana, naturalmente), qui ben descritta, anche se il film, purtroppo, è un po’ tagliato con l’accetta, doppiato non benissimo e, nonostante il cast di professionisti, non è completamente riuscito, specialmente se si confronta con le altre pellicole del regista Sean Durkin (La fuga di Martha e The nest su tutti): The warrior, con tra gli altri Zac Efron, Lily James, Maura Tierney e Jeremy Allen White, tratto da una storia vera che ha la solennità e l’impianto della tragedia greca tutta fato, destino e colpe dei padri che ricadono sulla prole, interessante ma non edificante, è in sala da domani per Eagle.

How to have sex

di Erminio Fischetti

Sesso, malinconia e libertà, ma, come il poeta insegna, è l’attesa del dì di festa ciò che dà maggior piacere, perché alle aspettative si addice il destino di rimanere deluse: Creta brilla di sole, le brume inglesi e gli esami, che non finiscono mai, sono alle spalle, con tutto quel che ne consegue, e c’è fretta di crescere, di sentirsi vive, di mordere come una mela succosa, ma che dietro l’aspetto scintillante nasconde un retrogusto velenoso, l’esistenza. Corpi, esposti e sovraesposti, e lo spasmodico desiderio di riempire il vuoto che si ha dentro: passato dalla festa del cinema di Roma e da tante kermesse internazionali con successo, ha fatto clamore e ha ottenuto importanti riconoscimenti in patria e non solo; How to have sex conquista per la tecnica, la scrittura e le interpretazioni, ricorda altri brillanti esordi – Aftersun su tutti – e affronta non credibile ma anche delicata schiettezza l’età acerba e difficile dell’adolescenza e il tema del consenso. In sala dal 1° febbraio per la sempre meritoria Teodora e poi anche su MUBI, altro prezioso catalogo di bellezza autoriale, è un coming of age che non si può perdere.

Tutti tranne te

di Erminio Fischetti

Much ado about nothing, ovvero Molto rumore per nulla: il chiarissimo sostrato di partenza di Tutti tranne te, in sala da dopodomani, è proprio Shakespeare, con le sue trovate ancora oggi attuali. Mentre due ragazze stanno per coronare il loro sogno d’amore in un’Australia di scintillante bellezza, le famiglie si adoperano affinché il migliore amico di una e la sorella dell’altra riescano a fare pace dopo quell’indimenticabile incontro che tempo addietro ha cambiato le loro vite: commedia graziosa che supera le attese, e che si lascia guardare molto meglio di tante altre più pretenziose, con Glen Powell, prossimamente protagonista per Linklater, e che potrebbe muovere la sua carriera nel solco di McConaughey, Sydney Sweeney e una compagine di attori professionisti di tutto rispetto, come la splendida candidata all’Oscar Rachel Griffiths, il film, con qualche caduta di stile e qualche battuta ben assestata, è piacevole.

Smoke sauna

di Gabriele Ottaviani

Smoke sauna. In sala il 5, 6 e 7 di febbraio per la sempre meritoria Wanted. In una sauna costruita in un bosco rigoglioso della splendida Estonia, le donne di Voro si ritrovano stagione dopo stagione, al caldo, al sicuro, per parlare di sé, confidarsi, condividere, sentirsi libere e protette: la camera di Anna Hints entra, scavando senza traccia di morbosità nel dettaglio, in un mondo riservato e sororale, osservando corpi e ascoltando parole. Un documentario elegante, raffinato, potente, significativo, profondo. Da vedere: destinato a diventare un classico.

The holdovers

di Erminio Fischetti

The holdovers – Lezioni di vita. In sala per Universal: New Jersey, 1970, e la ricostruzione è talmente accurata che la pellicola, ricca di omaggi, sembra proprio di quell’epoca, scritta come si faceva allora, in punta di penna, con generosità ed enfasi. Rimasti soli in un college nel tempo altro delle vacanze d’inverno, scandito dall’attesa, dal silenzio, dalla malinconia, dall’assenza più acuta presenza di chi manca per chi si sente solo, un impopolare insegnante di lettere, cinque adolescenti, di cui uno piuttosto brillante ma insofferente alla disciplina, abbandonato dalla madre che gli ha preferito la luna di miele col nuovo marito, e la cuoca afroamericana a cui la guerra del Vietnam, decisa da altri, ricchi, sulla pelle dei poveri, ha ammazzato il figlio, sono i protagonisti del nuovo e bellissimo film di Alexander Payne, che già sta facendo parlare assai bene di sé anche per quello che concerne la stagione dei premi, recitato in modo maestoso da un cast straordinario (sublimi Paul Giamatti, Da’Vine Joy Randolph e l’esordiente Dominic Sessa), un apologo delizioso sulla vita e le lezioni che essa impartisce, come il retorico sottotitolo italiano, del tutto superfluo rispetto allo splendido e feroce holdovers (che può voler dire anche residui, avanzi, scarti, rifiuti), non manca di sottolineare. Da non perdere.

Perfect days

di Erminio Fischetti

Perfect days. In sala per Lucky Red: il nuovo, potentissimo capolavoro di un maestro del cinema come Wim Wenders, che ha girato il mondo ma padroneggia così tanto l’umanità da far sì che paia sempre casa sua, e che racconta con delicatezza e poesia la vicenda esistenziale di Hirayama, protagonista eccezionale, la cui vita è semplice, meticolosa, sempre uguale sin quasi all’alienazione. Eppure non cessa mai di cercare la salvifica bellezza nel quotidiano, che si manifesta anche attraverso incontri inaspettati: ci mette sempre passione, sia nel suo lavoro – pulisce bagni pubblici a Tokyo – che nell’amore per la musica, le piante, i libri, per tutto ciò a cui può dedicare un sorriso. Da vedere assolutamente.