di Erminio Fischetti
Il potere sensazionale dell’immagine, il suo linguaggio, la sua capacità di immortalare e descrivere, costituendo le basi della società, determinando un’evoluzione del concetto stesso di identità, tra volontà e rappresentazione, nella moltiplicazione di device e mezzi che di per sé non sono né buoni né cattivi, ma la cui declinazione d’uso rende la realtà una e molteplice, variegata, variopinta, caleidoscopica, contraddittoria, plurale, tra mistificazione, memoria, testimonianza e ostentazione, indagando il bene, il male e tutto quel che c’è nel mezzo: Fantastic machine, meritatamente premiato con ogni evidenza sia al Sundance Festival che nella splendida cornice della Berlinale, esce il 9 maggio al cinema distribuito dalla sempre ottima creatura dell’indimenticato Vieri Razzini, ovverosia Teodora, ed è un documentario riuscito e bellissimo, intenso, potente, elegante, raffinato, compiuto, completo, prodotto da Ruben Östlund (regista due volte vincitore della Palma d’Oro per gli eccellenti, significativi, evocativi e disturbanti Triangle of Sadness e The Square, capaci di mettere alla berlina senza retorica le storture del nostro tempo liquido) e presentato nella versione italiana con la voce narrante di Elio Germano. Da non farsi assolutamente sfuggire: per conoscere, capire, pensare, riflettere, meditare, interrogarsi.