di Erminio Fischetti
È un giorno di festa quello delle nozze. Almeno così dovrebbe essere. Due ragazzi si amano e stanno per unire le proprie vite, intrecciandole per sempre in un vincolo sacro. Tutta la cittadina in cui abitano, nell’assolata campagna ungherese – siamo in agosto – ritratta in un bianco e nero lirico, evocativo, significativo e suggestivo, è in fermento. Ma si fa presto a passare all’agitazione. Perché alle 11 sono scesi dal treno due uomini. Nessuno sa chi siano. Potrebbero essere degli ebrei. Ex deportati. Tornati a reclamare i propri beni. Di cui i gentili hanno fatto man bassa. E allora che fare? 1945, in sala dal 3 maggio per Mariposa, è potentissimo e assai bello sotto tutti i punti di vista. Soprattutto perché ritrae in maniera mirabile l’angoscia che coglie chi è costretto a fare i conti con la consapevolezza che il silenzio in certi frangenti della vita e della storia significa complicità. E colpevolezza. Da vedere.